L’infinito viaggiare

Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un’altra.” (Claudio Magris)

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Poche ore fa Mauro Corona, intervistato da Tgcom24, ha voluto sottolineare quanto l’esame di maturità sia un’usanza inutile ed obsoleta: nella vita, con o senza il diploma, avremo modo di dimostrare di che pasta siamo fatti. Ne sa certamente qualcosa l’alpinista friulano: con orgoglio rivendica di avere formalmente la terza media. La sua conoscenza della vita e del mondo, la sua cultura straordinaria, la sua prosa scorrevole ed appassionata, non le ha imparate sui banchi, ma alla scuola della vita, quella che è forse la scuola più meritocratica. Nel frattempo, con ben altro tipo di orgoglio, gli italiani rivelano di non avere la minima idea di chi sia Claudio Magris, scrittore triestino, editorialista del Corriere della Sera, qualche anno fa ad un passo dal premio Nobel per la letteratura. Suo il brano che costituiva la traccia per la prova di italiano. Io non sono una letterata ma Magris è mio “concittadino onorario”. Vivo sul confine di cui lui parla. Passeggio ancora su quel Carso che lui attraversava da bambino. Certo, ora la frontiera di cui lui parla non esiste più. Ma è facile sconfinare, nelle lunghe passeggiate e nei pensieri. Avrei amato questo tema perché lo sento incredibilmente vicino, ma sono quasi certa che esso non è, non deve essere, così come un confine, troppo lontano per nessuno.

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“Non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi. Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà, un’individualità, le danno forma, salvandola così dall’indistinto – ma senza idolatrarle, senza farne idoli che esigono sacrifici di sangue. Saperle flessibili, provvisorie e periture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; mortali, nel senso di soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa di morte, come lo sono state e lo sono tante volte.

Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte. In Verde acqua Marisa Madieri, ripercorrendo la storia dell’esodo degli italiani da Fiume dopo la Seconda guerra mondiale, nel momento della riscossa slava che li costringe ad andarsene, scopre le origini in parte anche slave della sua famiglia in quel momento vessata dagli slavi in quanto italiana, scopre cioè di appartenere anche a quel mondo da cui si sentiva minacciata, che è, almeno parzialmente, pure il suo.

Quando ero un bambino e andavo a passeggiare sul Carso, a Trieste, la frontiera che vedevo, vicinissima, era invalicabile,– almeno sino alla rottura fra Tito e Stalin e alla normalizzazione dei rapporti fra Italia e Jugoslavia – perché era la Cortina di Ferro, che divideva il mondo in due. Dietro quella frontiera c’erano insieme l’ignoto e il noto. L’ignoto, perché là cominciava l’inaccessibile, sconosciuto, minaccioso impero di Stalin, il mondo dell’Est, così spesso ignorato, temuto e disprezzato. Il noto, perché quelle terre, annesse dalla Jugoslavia alla fine della guerra, avevano fatto parte dell’Italia; ci ero stato più volte, erano un elemento della mia esistenza. Una stessa realtà era insieme misteriosa e  familiare; quando ci sono tornato per la prima volta, è stato contemporaneamente un viaggio nel noto e nell’ignoto. Ogni viaggio implica, più o meno, una consimile esperienza: qualcuno o qualcosa che sembrava vicino e ben conosciuto si rivela straniero e indecifrabile, oppure un individuo, un paesaggio, una cultura che ritenevamo diversi e alieni si mostrano affini e parenti. Alle genti di una riva quelle della riva opposta sembrano spesso barbare, pericolose e piene di pregiudizi nei confronti di chi vive sull’altra sponda. Ma se ci si mette a girare su e giù per un ponte, mescolandosi alle persone che vi transitano e andando da una riva all’altra fino a non sapere più bene da quale parte o in quale paese si sia, si ritrova la benevolenza per se stessi e il piacere del mondo.”

Stella Marega Claudio Magris viaggiare

[Claudio Magris, dalla Prefazione di L’infinito viaggiare, Mondadori, Milano 2005.]

[foto: Stella Marega, Trieste, purple sunset – 2013 www.instagram.stellassj.com ]

4 commenti

  1. Anche io ho sentito incredibilmente vicino questo tema, e non solo perché, come te e come Magris, vivo sullo stesso confine. In poche parole dice tutto quello che il confine rappresenta. Un’ottimo spunto per un giovane che termina i suoi studi superiori: il punto è che questo tema dovrebbero svolgerlo tanti adulti che del confine hanno una concezione sbagliata e, a volte, pericolosa.
    Alessandro

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    • Ciao Alessandro, ti ringrazio per il commento. Anche per me non è soltanto una questione geografica. In questo blog parlo spesso di viaggio, anche e soprattutto nel suo valore simbolico; i problemi dell’identità e delle memorie condivise sono oltretutto i temi a cui mi dedico nei miei studi. Mi scuso se in questo post (frettoloso ma urgente) ho dato molte cose per scontate. Quello che scrivi riguardo ai ragazzi e agli adulti, e alla loro percezione dei confini, è – purtroppo – una sacrosanta verità!

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  2. Non conosco Magris se non di fama, e purtroppo non conosco neanche il vostro confine se non per averlo frettolosamente attraversato due o tre volte.
    In questo periodo però sono circondato da storie che parlano della tua terra:
    ho letto un bel saggio sulle Foibe che parlava soprattutto della storia di quel confine; sto leggendo libri che raccontano la prima guerra mondiale, e sono praticamente sul Carso quasi ogni giorno; sto leggendo in questi giorni Point Lenana che parla moltissimo di Storia, di Trieste e di confine, te ne riparlerò, intanto te lo consiglio.
    Devo venire, prima o poi lo farò.

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    • Grazie per il commento! Quando passerai ti sarò debitrice, non dico di una cena, ma almeno di un aperitivo! Nel frattempo sto raccogliendo depliant sul Carso e sulla Grande Guerra in modo da spedirteli, un giorno 🙂 L’argomento delle foibe è ancora molto controverso. Cercherò in biblioteca il libro che mi consigli e che non conosco… colgo l’occasione per annunciare che a settimane dovrebbe uscire un mio contributo nel volume “Le memorie difficili. Ricordo e oblio dopo le guerre in Jugoslavia”, edito da Beit, un piccolo primo passo… anche se qui non parlo di Trieste ma del tema della memoria. Mi piacerebbe fare qualcosa di più, anche a livello fotografico. Staremo a vedere!

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